Aneddoti

Biografia disegnata
In questa sezione l’artista si racconta in prima persona attraverso immagini e aneddoti. Dal suo incontro con l’arte fino ai nostri giorni, attraverso interviste che si aggiorneranno periodicamente, secondo l’umore di Giovanni.

Il mio primo ricordo
La mia infanzia è stata molto serena e a contatto sempre con la natura. Sin da piccolo mi piaceva disegnare e il mio primo rapporto con l’arte è stato un grande quadro che avevo nel salone di mio nonno.
Era sul soffitto e rappresentava le quattro stagioni con al centro un pastorello con il suo gregge al pascolo. La casa era vecchia, antica e dalle tegole filtrava dell’acqua che formava su questo
grande quadro delle muffe. Passavo delle ore a fantasticarci sopra! E’ stata la mia prima lezione di informale perché le macchie assumevano forme diverse: una sera erano nuvole in viaggio, un’altra diventavano pecore al pascolo, a volte erano dei grandi mascheroni che soffiavano e come Dio, nel Diluvio Universale, mutavano continuamente forma.
Ero un bimbo di tre o quattro anni e questo è stato il mio primo incontro con l’arte.

In prima elementare

In prima elementare ricordo il mio maestro, pace all’anima sua, uscire spesso fuori dall’aula.
La scuola non aveva il bagno e ci si arrangiava. Per le sue cose andava dietro un cespuglio. Io che disegnavo tutto, durante una delle sue assenze disegnai anche il maestro, la sua testa sul cespuglio e una fontanella che fuoriusciva. Preso dall’impresa non mi accorsi che il maestro era rientrato. La classe si ammutolì, e io lo sentii troppo tardi.
Mi prese per le orecchie, mi sollevò e giù botte. Non sapeva più cosa farmi perché l’avevo disonorato, era un disegno indecente, si sentiva sbeffeggiato. Io ne fui mortificatissimo, in fondo avevo solo fatto un disegno. Non tornai a casa quel pomeriggio e, per la paura, salii su un albero, un salice. Non mi trovarono fino a sera, quando arrivò mia madre a consolarmi e riportarmi a casa.
La mattina dopo non volevo più andare a scuola, avevo paura che lui si sarebbe arrabbiato. Non ne avevo davvero voglia, ma, un pò con le buone, un pò con le cattive, mi convinsero ad andare. Quando entrai in aula il mio maestro mi vide e mi si avvicinò. Aveva una confezione di pastelli Giotto con un album da disegno e mi disse:” Va bene, sei bravo, da grande devi fare il pittore. Ora io ti regalo i pastelli, però voglio che tu mi regali il tuo disegno, se sei d’accordo.”

Allora ancora non pensavo a diventare un artista, pensai solo che fosse un modo elegante per scusarsi del mio maestro. La mia vita era fatta di lavoro dei campi, di lettura.
Però iniziai a capire che i miei disegni, le cose che facevo, comunicavano qualcosa. Avevano sicuramente un effetto e lo avevo sperimentato anche io, sulla mia pelle, come si suol dire.