Si conclude ad Avellino sabato 13 gennaio l’iniziativa “un Natale per la pace tra i popoli” promossa dall’Unpli provinciale, che ha visto l’esposizione del presepe del Maestro Antonio Ambrosone nei pressi della Cattedrale del Duomo, della collettiva di artisti irpini nelle sale della Camera di Commercio, delle installazioni “Fuori fa Freddo” a via Sette Dolori, di fronte alla Cappella della Confraternita e “L’amore è la famiglia” nell’atrio dell’ente Camerale, entrambe dello scultore Giovanni Spiniello.
«Fuori fa freddo» dichiara il maestro Giovanno Spiniello che chiarisce il senso delle sue sculture «è un’installazione dedicata a chi soffre, a chi ha perso il lavoro, a chi vive in guerra.
E’ un percorso circolare tra plastoggettografie ed elementi contaminati in poliuretano espanso che inizia con un Angelo teso ad indicare l’alto, la speranza e finisce con la Sedia dell’accoglienza che aspetta chi ha attraversato il deserto, solcato i mari e, per caso, ce l’ha fatta. Il senso dell’installazione è la fragilità umana, simboleggiata da un Orante su una sedia a rotelle a significare la forza della preghiera, delle emozioni che superano ogni barriera: fisica ed intellettuale.
Il secondo gruppo di sculture, “L’amore è la famiglia”, inizia con la Trasportatrice dei sogni, un anelito alla libertà che ha il volto di mia madre, la sua sofferenza di contadina che trasportava sul capo il peso della fatica, della quotidianità. Continua con i gruppi classici, ma reinterpretati in chiave postmoderna, della Natività, dei Re magi, dei Musici e del Dono dell’agnello. La materia umana dei corpi che è in sfaldamento, rappresentata da vuoti, crepe materiche, segni del tempo, si contrappone all’attenzione capillare che si addensa nei volti, nell’espressività potente dei visi che indicano il trasporto dei movimenti dell’anima e travalicano, appunto, la corporeità, attraverso la trasparenza, ad indicare all’umanità un sentiero diverso, trascendente».
E’ dagli anni ’60 che Giovanni Spiniello – Biennale di Venezia 1968, Quadriennale di Roma 1975, Segnalato Bolaffi da Crispolti 1979 – reinterpreta racconti e leggende, favola e mito, affidando i propri sogni e le proprie immagini alla memoria e conservazione della sua terra e legando la propria attività al territorio irpino. Le plastoggettografie in cemento armato a lungo presenti nel Museo del Duomo, fino al 2006, e in diverse installazioni a partire dagli anni ’80 sono conservate nel Museo all’aperto di Grottolella dell’artista. Ospitate nell’evento promosso dall’Unpli sono state ideate negli anni immediatamente successivi al terremoto e più volte installate ad Avellino, la prima volta tra le macerie dei palazzi del Corso principale.
«Ho inteso racchiudere in questi due percorsi» conclude l’artista « la possibilità di recuperare noi stessi, sottrarci allo smarrimento, all’estraneazione, ripartendo dalla costruzione della nostra umanità, del nostro umanesimo. Unica cura a un senso di vuoto e spaesamento, di impotenza e incapacità ad agire che sembra predominare in un momento storico nel quale, in un’entropia comunicativa che tutti ci frastorna, è proprio la comunicazione vera la grande assente. Mentre, sopra le nostre teste, soffiano venti di guerra, tuonano minacce apocalittiche con noncuranza infantile, attorno a noi domina l’indifferenza generale, l’assenza di reazioni e il vuoto delle emozioni».